Umberto Zanotti Bianco: La carestia in Russia e l’opera di soccorso ai bambini russi

Il resoconto del viaggio di Umberto Zanotti Bianco nella Russia bolscevica

Presentiamo qui il resoconto del viaggio che Umberto Zanotti Bianco intraprese, nell’estate del 1922, nella Russia bolscevica dal titolo La carestia in Russia e l’opera di soccorso ai bambini russi (Roma, 1922). Su di esso si conserva anche un diario che egli tenne quotidianamente pubblicato col titolo Diario dall’Unione Sovietica 1922, (Nuova Antologia, marzo-aprile-maggio, 1977) da Margherita Isnardi Parente che in una accurata introduzione, a cui si rinvia, ricostruiva l’origine dell’interesse di Zanotti Bianco verso la Russia, collocandolo nel quadro della sua costante attenzione per le minoranze oppresse nell’Europa orientale. A questo tema egli si dedicò intensamente, come documentano le riviste da lui promosse, negli anni ’20, La giovine Europa e la Voce dei Popoli (si veda in proposito quanto scritto dallo stesso Zanotti Bianco, in L’Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia nei suoi primi cinquant’anni di vita, 1960 pp. 31).

A causa della spaventosa carestia che aveva colpito la Russia, a seguito degli eventi della rivoluzione, numerose furono le iniziative e le missioni di soccorso internazionali, organizzate da privati, Governi e dalla Croce Rossa, segnatamente dagli Stati Uniti, e in Europa dalla Svizzera, Francia e Germania, il cui scopo fu quello di portare aiuti rivolti soprattutto ai ragazzi e ai bambini senza famiglia, resi orfani dalla rivoluzione, abbandonati, fuggitivi e affamati.

Zanotti Bianco, si recò di persona, in qualità di delegato del Comitato italiano di soccorso (formatosi quale sezione italiana del “Comité international de sécours aux enfant affamès” di Ginevra) in Crimea, Ucraina e sul Volga, per constatare la possibilità di fondare cucine, asili, colonie agricole e per avviarne l’istituzione sul posto, con fondi raccolti in Italia. Di tale Comitato, Zanotti Bianco fu uno dei principali animatori, insieme a Maria Pignatelli di Cerchiara che ne fu dirigente, tesoriera e segretaria, impegnandosi nella raccolta di fondi, nell’organizzazione di comitati locali e fornendo assistenza continua a Zanotti Bianco nel corso della sua missione.

L’azione di soccorso si articolò in più attività, dall’attivazione delle cucine, delle quali bisognava garantire la funzionalità e continuità, alla distribuzione di altri beni durevoli essenziali. Per i bambini occorrevano, poi, altre iniziative che comprendessero la loro formazione e fossero anche centrate su attività che dovevano aprire loro una prospettiva per il futuro. A tal fine, Il Comitato aveva previsto di avviare una colonia agricola a Balaklava in Crimea senza poi riuscire a condurla a termine.

Due fattori concomitanti portarono alla crisi del 1921: un anno di cattivo raccolto, determinato non solo da condizione naturali, ma soprattutto dalla guerra civile che in quegli anni aveva sconvolto l’assetto produttivo a seguito della rivoluzione russa e del progressivo consolidarsi del regime comunista.

È questo il periodo che vide un drastico mutamento nell’assetto del sistema della proprietà agricola, con l’iniziale tentativo di introdurre un sistema collettivistico, che portò ad una riduzione delle superfici agricole coltivate, a cui seguì, negli ultimi due anni della vita di Lenin, l’abbandono delle utopie radicalistiche rivoluzionarie e l’avvio della politica economica della NEP, che rese nuovamente funzionale la piccola proprietà contadina, riavviando, attraverso di essa, il volume della produzione agricola.

Sono fattori ben presenti nell’analisi di Zanotti Bianco che segnala gli esiti negativi di quell’iniziale tentativo di imporre il sistema collettivo, compiendo un esame particolareggiato dei dati e delle statistiche sulla produzione, la popolazione, la mortalità per fame e per epidemia, l’entità dei soccorsi che riguarda le regioni da lui attraversate, l’Ucraina, la Crimea, il Daghestan.

Non emerge da questo scritto un giudizio sulla natura e gli esiti della rivoluzione comunista. Egli si attiene ad una descrizione attenta dei suoi effetti iniziali e ne segnala quel primo fallimento, cogliendo nella nuova linea, intrapresa dalla NEP, il segno di una debolezza intrinseca del sistema collettivo. Il giudizio complessivo sul nuovo regime è visto nello svolgersi degli eventi e mette in luce l’incertezza e la mancanza di consolidamento del sistema, soprattutto per quel che riguarda la contraddizione, costituita dalla ripresa di un diffuso sistema di piccola proprietà della terra.

Sappiamo che il sistema comunista non solo si consolidò, ma nel 1932 con Stalin il problema della carestia si sarebbe ripresentato in modo drammatico con milioni di morti, e non comportò più nessun intervento esterno da parte di enti internazionali, né tantomeno attivò alcuna forma di soccorso da parte dello Stato sovietico. La crisi del ’32, che è segnata storicamente come la “Grande carestia”, su cui si può disporre di un’ampia letteratura storiografica, investì soprattutto l’Ucraina. La caduta del raccolto in quell’anno fu aggravata da uno spietato sistema di requisizioni operato dallo Stato sovietico. Tutti i margini di un possibile contenimento degli effetti della carestia furono eliminati dall’intervento pubblico. Metà della popolazione ucraina morì di fame. Ai milioni di morti seguì lo scompaginamento della struttura sociale, la frantumazione delle strutture familiari. Ad essere ulteriormente distrutto fu proprio il modello produttivo di piccola e media proprietà contadina, che aveva prosperato e si era consolidato con la NEP nel decennio che era seguito. Ciò rese in seguito possibile introdurre il sistema collettivo come forma operante della produzione agricola, come il nuovo regime si era proposto subito dopo la rivoluzione di ottobre senza riuscirvi. E resta questa una delle pagine più mostruose di attuazione del sistema collettivo. Il regime totalitario lo impose, facendo proprio della carestia l’arma decisiva per risolvere qualsiasi possibile resistenza, ed accentuandone il decorso piuttosto che cercare di cauterizzarne gli effetti.

La carestia del 1921, che Zanotti Bianco ci descrive in questo testo ebbe decorso diverso. L’aiuto internazionale fu ammesso ed ebbe anche inizialmente un supporto da parte del nuovo regime, per quanto velato di diffidenze e reticenze. L’obiettivo rimase quello di cercare di attutirne gli effetti più traumatici, accogliendo l’aiuto esterno e infine ristabilendo con la NEP i presupposti necessari per una ripresa della produzione agricola. Questa prima crisi non ha molto rilievo nella storiografia, mentre può utilmente essere confrontata con quella del 1932, per mostrare chiaramente come la volontà politica del regime comunista, intese usarla, con cinica determinazione, portandola alle estreme conseguenze, per poter conseguire il disegno di stabilizzazione sociale, un obiettivo politico che venne perseguito con piena consapevolezza e con spietata coerenza.

Così anche le riflessioni di Zanotti Bianco sugli effetti che la politica della NEP determinava socialmente col nuovo assetto produttivo e la contraddizione che rilevava tra la creazione di un ceto contadino di piccoli e medi proprietari e la vocazione collettivista del nuovo regime, sarebbe stata in realtà proprio l’elemento che il totalitarismo staliniano intese sciogliere attraverso gli effetti drammatici della “Grande carestia” del 1932. La crisi del 1921 ebbe un impatto di proporzioni meno devastanti, ma comunque effetti tragici, per numero di morti, per lo scompaginamento della struttura sociale e di quella familiare, da cui scaturirono torme di migliaia di minori, senza rifugio e protezione.

Il problema della “protezione dell’infanzia” è dunque al centro di questo resoconto e la descrizione delle attività del Comitato italiano ne sono lo specifico oggetto, in un quadro generale delle cause e degli effetti della carestia.